Museo Numismatico "Nicola Bottacin" - Padova
Al secondo piano di Palazzo Zuckermann, edificio ottocentesco presso il centro di Padova, è ubicato il Museo Bottacin. Tale istituto è esito del generoso lascito del commerciante triestino Nicola Bottacin, il quale, desideroso di istituire un museo a suo nome, tra il 1865 e il 1870, donò la sua ricca collezione di oggetti d’arte (dipinti, mobili, sculture e libri) e di monete antiche e moderne (in totale oltre 100.000 pezzi) alla città. Circa due terzi del materiale esposto proviene da donazioni e acquisti successivi, che hanno reso questo museo un punto di riferimento importante per gli studiosi di numismatica di tutta Europa.
Anticamera
La stanza che funge da ingresso al museo ha il compito di presentare la figura del donatore, Nicola Bottacin. Accanto alla descrizione della vita del facoltoso commerciante si possono ammirare un busto e un suo ritratto, realizzato nel 1896. Il percorso espositivo continua articolandosi in due differenti itinerari, uno dedicato alle opere d’arte e l’altro alla numismatica.
Sala 1
La prima sala della mostra numismatica è dedicata alla monetazione greca e romana. L’esposizione parte dall’origine della moneta, avvenuta in Lidia nel 580 a.C., e giunge fino alla caduta dell’Impero romano, con la finalità di presentare le varie fasi della storia antica che hanno inteso questo strumento essenziale dal punto di vista socio-politico, economico-commerciale e artistico.
Il percorso inizia sulla destra con le prime vetrine in cui sono esposte le monete greche. Le prime sono prevalentemente oboli e tetradrammi in argento, raffiguranti la tipica civetta ateniese e ascrivibili a un arco cronologico compreso tra la fine del VI e il III sec. a.C. A questa sezione appartengono anche le monete provenienti dalle poleis della Magna Grecia e della Sicilia. È rilevante notare come ogni città-stato avesse un tipo monetale differente, che spesso si può identificare con un simbolo della città o con la rappresentazione di animali o prodotti della terra sacri a divinità. Tra le monete greche possiamo annoverare anche le emissioni di Alessandro Magno, le quali hanno avuto l’importante funzione, nel IV sec. a.C., di unificare la circolazione monetale nella penisola ellenica (statere d’oro e tetradrammi d’argento), emergendo a modello di tutte le monetazioni dei regni ellenistici successivi. Al centro della stanza sono esposti gli esemplari celtici, provenienti da diverse aree dell’Italia settentrionale (lombarda, ligure-piemontese e veneta). Tali emissioni sono fondamentali per comprendere le vicende storico-politiche che riguardarono la monetazione di queste aree tra il IV e il I sec. a.C.: i Celti, avendo combattuto come mercenari presso i grandi sovrani macedoni, Filippo II e Alessandro Magno, importarono in patria e imitarono i tipi monetali con cui erano venuti a contatto. Tra questi reperti è importante segnalare un ripostiglio trovato in via Ospedale a Padova, che raccoglie un consistente numero di dracme venetiche.
Sempre al centro della sala, sulla sinistra, sono esposte le prime tipologie monetarie nate e sviluppatesi a Roma verso la fine del IV sec. a.C. Tra queste possiamo annotare alcune monete in bronzo e argento di modello magno-greco e grossi nominali in bronzo di tradizione centro-italica (aes grave). Dal 211 a.C. in poi fu introdotto un sistema monetario nuovo basato sul denarius d’argento, il quale divenne la valuta più importante del mondo romano, fino al III sec. d.C. A questo proposito ci è pervenuto un tesoretto di 659 denarii repubblicani rinvenuto in via Gabelli a Padova, databile agli ultimi decenni della Repubblica (89-45 a.C.). Una tappa fondamentale della storia della moneta antica è quella della riforma di Augusto (23 a.C.), che riuscì a rinvigorire l’economia romana, svilita da un secolo di guerre civili. Una delle conseguenze più significative fu l’unificazione monetaria di gran parte del mondo romano; a testimonianza di ciò, nell’esposizione museale si trovano una serie di emissioni augustee con caratteristiche comuni ma provenienti da diverse parti dell’Impero (Pergamo, Efeso, Lugdunum/Lione etc.). La loro tipologia prevede al diritto il ritratto dell’imperatore idealizzato e al rovescio monumenti o immagini propagandistiche dell’arte imperiale. Nel corso degli anni, questo tipo monetale subì numerose evoluzioni, ben illustrate nel Museo Bottacin; tra gli esemplari esposti possiamo ricordare alcuni aurei, denari argentei e sesterzi bronzei raffiguranti il Colosseo e recanti la scritta IUDEA CAPTA, da leggersi tutti in chiave propagandistica.
La seconda parte della sala, leggermente spostata verso sinistra, raccoglie materiale inerente all’ultima fase del sistema monetario romano-imperiale. Questo periodo fu caratterizzato da un disfacimento dell’assetto monetario augusteo, come conseguenza della profonda crisi politica e militare che l’Impero romano dovette affrontare a partire dalla fine del II sec. d.C. Gli imperatori che regnarono tra il III e il IV sec. d.C. cercarono di fronteggiare questa instabilità emettendo nuovi nominali (antoniniani, aureliani, argentei, follis e solidi). All’interno del percorso museale queste tipologie sono ben rappresentate e vengono esposte seguendo l’ordine cronologico di emissione. Un’ulteriore testimonianza di questa fase di progressiva decadenza è data dai numerosi fenomeni di tesaurizzazione: un esempio proviene da una donazione di alcune monete bronzee, databili tra il 348 e il 354 d.C., probabilmente appartenenti a un ripostiglio di cui è ignota l’esatta ubicazione (forse dalla penisola balcanica).
Le ultime vetrine della prima sala e le prime di quella successiva raccolgono la monetazione bizantina.
Sala 2
In continuità con la prima sala, nella seconda, il percorso l’esposizione inizia con alcuni esemplari monetali bizantini. Dopo la riforma di Anastasio, del 498 d.C., il sistema monetario bizantino utilizzava tutti e tre i metalli, ma si basava sul solidus di matrice costantiniana, il quale rimase, almeno fino al X sec., l’unità di conto e il mezzo di pagamento più utilizzato nel commercio dal Mediterraneo al Golfo Persico, fino all’India.
Questo sistema venne utilizzato anche da alcuni popoli barbarici, come i Visigoti in Spagna e gli Ostrogoti e i Longobardi in Italia, come prototipo per la loro monetazione nazionale; così accadde anche per gli Arabi che, inizialmente, si ispirarono agli esemplari bizantini e sassanidi, per poi arrivare alla creazione di un proprio sistema monetario che in breve tempo si diffuse in tutti i territori da loro conquistati e iniziò a concorrere con quello dell’Impero d’Oriente.
L’economia basata sulla moneta d’oro accompagnò Costantinopoli fino alla fine della sua storia, ma tra il X e l’XI sec. d.C., a causa dell’invadenza della monetazione araba e della svalutazione che interessò il solidus (o nomisma in greco), entrò in una profonda crisi; si cercò di porvi rimedio con la coniazione di un nuovo nominale, l’iperpero, che per un certo periodo di tempo consentì all’Impero bizantino di mantenere il proprio prestigio nazionale. La conquista di Costantinopoli del 1204 determinò la fine della monetazione bizantina, la quale rimase solo come unità di conto, e sul mercato vennero introdotte nuove monete internazionali, coniate dalle città mercantili occidentali. La parte restante della seconda sala racconta la monetazione italiana nel Medioevo. Nei primi secoli, il sistema monetario bizantino era adottato da gran parte della penisola italiana, compreso il sud Italia e la Sicilia. I territori del regno longobardo, invece, dopo l’annessione ai domini di Carlo Magno, re dei Franchi, furono soggetti alla riforma che egli stesso attuò alla fine dell’VIII sec. d.C. Quest’ultima consisteva nella coniazione di un unico nominale, il denarius, realizzato in puro argento, e nell’adozione in tutti i territori dell’Impero carolingio di un sistema basato sul denarius (denaro), sul solidus (soldo, equivalente a 12 denarii) e sulla libra (libbra, dal valore di 240 denarii). A testimonianza del successo della riforma si ricorda che, fino agli anni ‘70 del Novecento, l’Inghilterra utilizzava ancora questo sistema di conto.
La disparità nell’approvvigionamento di materie prime portò, nel corso nel tempo, alla creazione di differenti aree monetarie, tra cui presto si distinse quella di Venezia. La necessità di una moneta di valore più alto, capace di sostituire quelle bizantine e arabe nei commerci del Mediterraneo, favorì la nascita di un nuovo nominale, il grosso d’argento, a cui seguì l’augustale d’oro del Regno di Sicilia. Furono, tuttavia, le nuove monete in oro puro di Genova (il “genovino”) e soprattutto di Firenze (il “fiorino”), prodotte dalla metà del XIII sec., a diventare la valuta più apprezzata non solo nell’ambito mediterraneo, ma anche nel resto d’Europa. Tali monete furono sostituite solo in seguito dal ducato d’oro veneziano.
I successi economici permisero l’ascesa dei ceti mercantili, che investirono grosse somme di denaro per dare una giustificazione morale al proprio potere politico: un esempio locale molto importante è rappresentato dalla decorazione della Cappella degli Scrovegni a Padova, commissionata dalla famiglia Scrovegni, noti usurai, al pittore Giotto.
Questa situazione di equilibrio non sembra aver avuto grandi evoluzioni dalla fine del XIII sec. all’inizio dell’età moderna. Si assistette, comunque, al ritorno del ritratto dei signori sulle monete, favorito dalla presenza, nelle corti, di artisti del calibro del Pisanello e di Leonardo da Vinci. Un altro elemento di grande interesse, per la sua evoluzione e significato, è la monetazione della famiglia Da Carrara di Padova, i quali coniarono pezzi di pregevole qualità artistica: un esempio è il ducato d’oro di Francesco I, l’unico esemplare conservato in un istituto pubblico, il Museo Bottacin.
Sala 3
La terza sala è riservata alla storia della moneta dall’inizio dell’età moderna all’introduzione dell’Euro. Le radici della monetazione moderna affondano nelle innovazioni e nelle idee risalenti alla fine dell’età medievale. Dopo un lungo periodo di carenza di risorse, dalla fine del XV sec., si assistette alla nascita di nuovi nominali: il tallero d’argento, prodotto dalla zecca tirolese di St. Joachim e destinato a un’importante diffusione sul mercato europeo, e lo scudo d’oro, introdotto dai francesi in Italia, che sostituì in poco tempo il fiorino e il ducato nei commerci. Quest’ultima moneta, coniata dalle sette zecche europee più importanti, prese per prima la definizione di “moneta unica”, conosciuta come “scudo delle sette stampe”. La scoperta del Nuovo Mondo e il conseguente enorme flusso di metalli preziosi verso l’Europa consentì, tra il XVI e il XVII sec., un consistente incremento della produzione monetaria e l’introduzione di multipli, come il doppio scudo. Proprio in questo periodo, viene introdotta in Svezia la prima banconota cartacea, segnando un punto di svolta per l’economia europea e mondiale. Un passaggio fondamentale nella storia della moneta fu la nascita del sistema di conto su base decimale. A seguito della sua introduzione nei neonati Stati Uniti d’America e nella Francia rivoluzionaria, questo sistema si diffuse in un’Europa ancora legata alla riforma di Carlo Magno, con le campagne di Napoleone Bonaparte. Un nuovo tentativo di unificare la monetazione del Vecchio Continente si ebbe nel 1865, con la creazione dell’Unione Monetaria Latina, in cui monete sostanzialmente identiche potevano circolare liberamente e contemporaneamente in nazioni differenti.
Le due Guerre Mondiali sconvolsero l’economia globale e le loro conseguenze furono alla base di ulteriori trasformazioni. Prima di tutto, il ricorso sempre più diffuso delle banconote come valuta principale e l‘adozione di metalli vili come l’alluminio, l’acciaio e il nichel, divennero la norma nella coniazione di monete. Con i trattati di Bretton Woods del 1944 e con il successivo Smithsonian Agreement degli anni ‘70, si giunse all’abolizione definitiva del gold standard, la convertibilità della valuta circolante in oro, e alla nascita del sistema dei cambi flessibili basati sulla potenza economica dei singoli paesi.
L’evento più significativo risulta essere la nascita della Comunità Economica Europea e, nel 2002, l’introduzione effettiva di una moneta comune, l’Euro.
Una piccola sezione è riservata al Bitcoin, una crypto-valuta digitale, che potrebbe rappresentare il futuro della moneta e della finanza, sebbene la sua accessibilità non possa essere garantita a livello globale e non sia basata sull’economia reale.
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Laboratorio didattico
Biblioteca/Centro di Documentazione
- Alle radici dell’euro. Quando la moneta fa la storia , Treviso 2001.
- Gorini G., Monete antiche a Padova, Padova 1972.
- Gorini G., Monete romane repubblicane del Museo Bottacin di Padova, Venezia 1973.
- Musei Civici di Padova. Museo Bottacin. Guida , a cura di Callegher B., Milano 2004, pp. 41-69.
- Saccocci A., Museo Bottacin. Cenni storici, in Musei Civici agli Eremitani. Padova, a cura di Banzato D., Milano 1992, pp. 81-95.
- Bonetto J., Veneto (Archeologia delle Regioni d'Italia), Roma 2009, pp. 396-397.

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